Fabre, per la sicurezza di ponti e viadotti

Che lo stato di salute delle infrastrutture stradali in Italia sia precario, non c’è bisogno di sottolinearlo: basta leggere un quotidiano, o ascoltare il telegiornale, perché non passa giorno, o quasi, senza notizie relative a crolli, cadute di calcinacci, aperture di crepe ed altre delizie del genere.

Una situazione che nasce dall’incuria decennale e dalla generalizzata mancanza di controlli, che ingenera però timori e preoccupazioni presso gli utenti della strada, che impone un deciso cambio di strategia ed una netta inversione di tendenza.

Va letta in tale dinamica la nascita di Fabre, alleanza tecnico-scientifica per la valutazione della sicurezza e il monitoraggio di ponti e viadotti, che riunisce vere eccellenze italiane, come Enea, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Perugia, Politecnico di Torino, le Università di Padova, Pisa, Camerino, Messina e la casertana ”Luigi Vanvitelli”.

In particolare, verrano sviluppate metodologie a elevato contenuto tecnico-scientifico per valutare i diversi rischi (statico, fondazionale, sismico e idrogeologico) e promuovere verifica, controllo e monitoraggio delle infrastrutture, oltre allo sviluppo e l’uso di innovative tecniche negli interventi di riparazione e miglioramento di ponti, viadotti e altre strutture esistenti.

«Il patrimonio infrastrutturale, in particolare il complesso dei ponti e dei viadotti che compongono le nostre reti di trasporto e di comunicazione – ha detto Virginio Quaglini, docente di Architettura, Ingegneria delle costruzioni ed Ambiente costruito del Politecnico di Milano – è elemento vitale per l’economia e la società, e la sua efficienza rappresenta una priorità strategica per il Paese. Purtroppo anche le infrastrutture invecchiano, si deteriorano e sono esposte ai rischi legati a fenomeni e calamità naturali. Il consorzio Fabre si pone l’obiettivo di dare impulso alla necessaria attività di ricerca, coordinando e valorizzando le competenze teoriche e sperimentali presenti nei maggiori centri di ricerca italiani, al fine di metterle a disposizione della collettività».

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